Sguardi e sorrisi di bambini innocenti con tanta voglia di ricominciare a vivere, accompagnati dai loro genitori con la speranza, nelle mani e nel cuore, di un futuro migliore: questo ha reso noi ragazzi “sensibili ed umili” durante la nostra settimana di servizio nei luoghi del centro Italia colpiti dal terremoto di un anno fa.
Quando si comincia un’esperienza sono sempre grandi le aspettative. È necessario condividerle con i propri compagni di viaggio, un viaggio verso la ricostruzione che ci ha portati a una destinazione inaspettata.
Quando la mattina del 7 agosto siamo saliti sui pullman diretti ad Acquasanta Terme e San Gallo, nessuno di noi immaginava cosa stessimo per vivere. E, come sempre, dai piccoli dettagli ci si accorge delle grandi cose: è bastato parlare con bambini dell’età di sette anni che ricordavano ogni dettaglio del 30 ottobre; è bastato vedere fratelli maggiori, uniti e protettivi, nei confronti dei più piccoli; è bastato vedere quanto quei bambini siano legati ai loro giocattoli, per capire quanto il terremoto abbia travolto le loro vite.
Riportare lo Spirito Santo in una chiesa ormai abbandonata da un anno vuol dire “ricostruire la speranza”.
“Ricostruire la speranza” è stata la nostra frase guida, che ci ha aiutato a riscoprire le piccole cose. Questa speranza che deve riempire un mare, creato da un fenomeno distruttivo: il terremoto. Abbiamo contribuito con le nostre piccole gocce a colmarlo e ognuno di noi ha un ruolo fondamentale per la realizzazione di questo progetto.
All’ inizio, è stato difficile comprendere l’importanza dell’aiuto dato da ciascuno di noi a un paese distrutto, ma, a conclusione di ogni giornata, il sorriso di ciascun bambino ha rappresentato la soddisfazione di un complesso lavoro di squadra compiuto con amore, pazienza e fiducia.
Federico Pio Tarantino
Martina Delnegro