Cosa siete venuti a cercare?
Questa domanda, posta all’inizio di ogni settimana esperienziale, continua ad accompagnare e interrogare tutti coloro che hanno intrapreso l’avventura del “Laboratorio della Speranza”. Si, perché nel bene o nel male, ogni esperienza forte resta inevitabilmente impressa nello spirito di ogni uomo. Questa che vogliamo descrivere in pochissime righe è l’esperienza più bella di una Chiesa che vuole uscire e “sporcarsi le mani”, impegnarsi per qualcosa di concreto e rendere il Vangelo non lettera morta, ma viva. Un cuore che pulsa, a discapito di una mentalità puramente mondana ed egoistica troppo impegnata a ripiegarsi su se stessa.
Senza voler architettare chissà quali grandi ragionamenti e introspezioni, la risposta non è tardata ad arrivare: i ragazzi, tanti, disposti a sacrificare parte delle loro vacanze estive per una missione loro affidata. Cosa sono venuto a cercare? All’inizio credevo di rendere un servizio a tutte le persone colpite dal terremoto, ma alla fine fu il “Laboratorio della Speranza” a gettare luce su di me. Questa macchina organizzativa, piena di gioia e di speranza (per l’appunto) mi fecero riscoprire la bellezza di un Regno che continua ad esistere, silenziosamente. La voglia dei ragazzi di mettersi in gioco, i sorrisi, la complicità, le nuove amicizie nate, mi hanno fatto capire che il vero “terremotato” ero io, bisognoso di una testimonianza. Questa è la Chiesa di Cristo! non orgogliosa ma che ha il coraggio di chiedere o accettare senza vergogna un aiuto. Aggiungo, senza troppe pretese, che queste popolazioni, nonostante il continuo dramma che vivono, danno dalle loro cattedre di macerie la lezione più bella che ogni uomo di buona volontà potrebbe ricevere: basta veramente poco per essere felici!!
Adesso è il tempo dei ricordi (non malinconici), in cui il “nostro”, personale, laboratorio della Speranza deve impegnarsi e ridonare fiducia ad uno spirito molto spesso terremotato, fiducioso nell’aiuto di Colui che mai dimentica “cosa sia l’Amore”.
Antonio Calandra